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Di sogni e nostalgia



Sono banale se vi parlo della nostalgia del profumo dei panini al sesamo? 
Il sesamo in Sicilia si chiama giuggiulena e fu importato dagli arabi. Da loro si imparò a coltivarlo e a usarlo per esempio per preparare la cubbaita, un croccante al sesamo con miele e schegge di mandorle. Il suo nome viene infatti da quibbiat, mandorlato, in arabo, bellissimo.
Le mandorle, quelle dei mandorli in fiore di Agrigento, ondeggiano al vento mentre assisti a ‘Le baccanti’ dall’arena del teatro greco. 

Questo teatro greco, che i greci chiamavano teatro della Concordia, si erge in una vallata piena di altri templi che sembra un set cinematografico.
E in un film infatti ci si sente quando sei seduto sulle stesse panchine da millenni. O quando, piedi a mollo sulla spiaggia di Stromboli, sorseggiando una gassosa, guardi la lava scendere lentamente sul mare.

Il mare, dal quale catturano i pesce spada dal secondo secolo avanti Cristo. Pesci dotati di spade, più film di questo!? Lo stesso mare che su quell’isola decide tutto, persino come la tiroide debba regolare il mio umore. Che posso essere tutta sorrisi guardando una maiolica del periodo neolitico.

Terra mia, ti ho abbandonato presto, troppo giovane per rendermi conto di cosa avrebbe voluto dire lasciarti. E soprattutto immatura per capire quanto mi potessi restare dentro. Isola che mi ha creato dal mare, che mi ha nutrito di leggende e vino buono, che mi ha riempito gli occhi di vulcani che si ergono sull’acqua e le orecchie dei racconti di pescatori. Terra che mi ha insegnato che la diversità è un valore, che io non sono italiana più di quanto non sia tunisina, che io, con pelle olivastra e capelli scuri, e tu bionda, pelle come porcellana veniamo dallo stesso posto. Terra talmentfe intrinseca, intima, reale, che ti ho tatuato sulla mia pelle in un punto ben preciso del mio corpo, per ricordarmi di cosa sono fatta. Terra mia che sei anche giudici che si battono contro la mafia, terra di traffico e spazzatura, di vecchiette sulla porta a prendere il fresco, di mani callose che raccolgono pomodori, di facciate artistiche e affreschi, di couscous serviti sulla battigia.
Scriveva Schopenhauer “Dobbiamo cercare di arrivare a guardare ciò che possediamo esattamente con gli stessi occhi con cui lo guarderemmo se ci fosse sottratto”.




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